
Amritsar è una città sorprendente, centro della religione Sikh e crocevia di eventi storici importanti e dolorosi, è situata nell’estremo Nord – Ovest dell’India, circondata da floride campagne agricole e poco distante dalla frontiera con il Pakistan. Non è la capitale ma è il cuore del Punjab indiano, meta di pellegrinaggi e turismo, conosciuta in tutto il mondo per l’immagine iconica del Tempio d’Oro, il luogo più sacro del Sikhismo.
IL TEMPIO D’ORO
Descrivere questo luogo a parole non è affatto facile, e la prima cosa che mi viene da dire è andateci, entrate, varcate la soglia, trattenetevi a lungo, sedetevi in un angolo per assaporare la pace e l’armonia, ascoltate canti devozionale e preghiere, guardate il sole che tramonta gradualmente all’orizzonte, colorando il cielo di viola e irradiando le superfici del tempio di un bagliore spettacolare. Guardate come si svolge ogni giorno il lavoro dei volontari nella grandissima mensa aperta a tutti, dove vengono distribuiti pasti gratuiti continuamente (anche 100.000 persone al giorno), in nome della solidarietà e senza distinzioni religiose e sociali.
L’intero complesso del Tempio d’Oro è un inno all’armonia e alla bellezza. Lo splendente tempio Sikh è circondato da una grande vasca per bagni rituali e un pavimento interamente in marmo pregiato, con decorazioni geometriche e floreali. Uno dei monumenti più spettacolari dell’India, oltre che un luogo ricco di spiritualità e devozione capace di coinvolgere anche i più scettici.
THE HERITAGE WALK
Amritsar a differenza di altre città indiane possiede un vero e proprio centro storico pedonale su modello di quelli europei, dove andarsene a passeggio tranquilli, magari cercando un ristorante appetitoso per il pranzo o la cena. L’intera via di collegamento tra il Golden Temple e il Museo della Partizione è stata rinnovata e resa spettacolare tramite il restauro di edifici antichi e la costruzione di palazzi nuovi, monumenti commemorativi, fontane e statue. Un progetto ambizioso che aumenta in modo esponenziale la bellezza della città, rendendola più ospitale, rilassante e facile da visitare comodamente a piedi. I monumenti oltre a creare un’atmosfera solenne, celebrano la storia e la cultura della città, la statua più imponente è senza dubbio quella dedicata al maharaja Ranjit Singh, posta su un colossale piedistallo di marmo lavorato finemente. Proprio davanti al Museo della Partizione si incontra anche il volto di Madan Lal Dhingra, eroe dell’Indipendenza indiana e poco distante la statua di B.R. Ambedkar, politico e riformista che lottò contro le discriminazioni di casta.
Saragahi Memorial Gurudwara, un luogo di culto sorto per commemorare la battaglia di Saragarhi, nella quale 21 soldati Sikh impegnanti nelle frontiere lottarono fino all’ultimo in un attacco da parte di tribù afghane, solo pochi uomini a contrastare con coraggio un esercito di oltre 10.000 in un’immagine che richiama alla mente Leonida e alle Termopili. Al notevole coraggio dei soldati è stato dedicato di recente anche un film indiano ben fatto, si chiama Kesari, se siete curiosi guardatelo, ne vale la pena.
Molto bello anche il grande monumento omaggio alla danza bhangra con uomini e donne in pose festose in costumi tradizionali. Neanche a dirlo è diventato una specie di tappa obbligata dei turisti per scattarsi foto ricordo. L’Heritage Walk è anche una specie di shopping mall all’aperto nel quale i venditori locali hanno restaurato i propri negozi e la strada pedonale è anche un grande mercato per abiti, souvenirs, articoli religiosi e meravigliose scarpette tipiche punjabi, le coloratissime jutti.
IL MUSEO DELLA PARTIZIONE
All’interno del palazzo municipale di Amritsar è stato di recente allestito un museo interamente dedicato alla Partizione, l’improvvisa divisione dei territori di India e Pakistan che avvenne una volta ottenuta l’indipendenza dall’Impero Britannico. Alla divisione sulla carta geografica seguì una migrazione massiva, un esodo doloroso per entrambe le popolazioni costrette ad emigrare da una parte o dall’altra abbandonando le proprie case e tutti gli averi. Non mancarono rivolte, massacri e violenze, 800.000 morti e 1.400.000 rifugiati i numeri di un genocidio di cui non si parla quasi mai. Famiglie divise cercarono di ritrovarsi nei campi temporanei di alloggio, o direttamente aldilà del confine, la Partizione per i sopravvisuti fu un trauma enorme, una ferita ancora aperta che molto ha influenzato la difficoltà dei rapporti dei due Paesi nati all’alba della libertà. Il museo raccoglie testimonianze storiche, foto, video e interviste ai superstiti, oggetti che raccontano la storia dei proprietari, allestimenti didattici e opere d’arte donate alla collezione.
JALLIANWALA BAGH, LE MEMORIE DI UN MASSACRO
Una fiamma di marmo che si leva in cielo, dalla quale spuntano volti maschili e femminili, in ricordo del tremendo massacro avvenuto ad Amritsar il 13 aprile del 1919 per mano dell’esercito inglese. La folla si era riunita nell’area di Jallianwalla Bagh per protestare pacificamente per l’arresto di due leader politici, molti però si trovavano lì per celebrare insieme il festival Sikh di Baisakhi. Trattandosi di un’area comune completamente circondata da mura, e con un solo ingresso piuttosto stretto, divenne d’un tratto una vera e propria trappola, fuggire sarebbe stato impossibile. Su ordine del generale Dyer i soldati iniziarono a sparare a caso sulla folla disarmata, e si fermarono solo quando esaurirono le scorte di munizioni. Centinaia di corpi vennero lanciati all’interno di un pozzo, altri vennero lasciati al suolo, in mezzo ai feriti che cercavano di rialzarzi e scappare.
Un massacro di una crudeltà inaudità che segnò la fine della stabilità del dominio inglese in India e alimentò nuovi sentimenti di ribellione. Oggi il giardino è stato interamente trasformato in un luogo della memoria, sono ben visibili i segni dei proiettili sui muri ed esiste ancora il pozzo dove vennero ritrovati i corpi senza vita. Una fiamma perenne brucia e si leva in cielo da una grande coppa metallica, i visitatori non mancano a tutte le ore del giorno e anche se oggi il giardino è un luogo monumentale, ornato di belle e piante e fiori, il ricordo di ciò che avvenne resta vivo nella mente di tutti.
ASSAGGIARE I FAMOSI KULCHE RIPIENI
Cosa sarebbe Amritsar senza i profumi intensi e irresistibili della sua cucina? Come andarsene dalla città senza provare la sua ricca e gustosissima gastronomia? Una delle esperienze da fare assolutamente durante il soggiorno è tuffarsi nei sapori locali e soprattutto provare i Kulche, un tipo di pane cotto in padella o al tandoor e ripieno di verdure o patate, servito accanto a ceci speziatissimi, salse a base di yogurt e un intingolo profumato di erbe e cipolla. Ogni ristorante del centro rivendica il primato della versione più buona e gustosa, c’è chi punta sulla croccantezza chi sull’abbondanza del ripieno. In ogni caso sono una delizia. A noi è piaciuto particolarmente Brother’s Dhaba, un ristorante alla buona che serve piatti squisiti e cura molto anche l’allestimento della sala con oggetti della tradizione contadina, decorazioni e simpatiche riproduzioni di rickshaw e camioncini.
SCOPRIRE LE STRADE FUORI DAL PRINCIPALE NUCLEO TURISTICO
E dopo essere stati al Golden Temple e aver visitato i mercati, i ristoranti e i luoghi della memoria storica potete passare il tempo a scoprire i vicoli dell’Amritsar storica meno frequentati dai visitatori. Potrete perdervi in un reticolo di strade e antichi palazzi un po’ decadenti e simili a quelli di Old Delhi, mercati locali e venditori di cibo da strada, soprattutto i lassi e buttermilk, il primo è uno yogurt denso spesso insaporito con frutta fresca frullata, mentre il secondo è un latte intero piuttosto denso al quale vengono aggiunti aromi naturali o sale nero.