
Qualche anno fa le prime immagini grigissimo thriller The American si aprivano proprio dalla piazzetta di Castelvecchio Calvisio, un tenebroso George Clooney tentava di fuggire al suo passato nascosto tra i vicoli di borghi dimenticati dell’Abruzzo e vestito con quegli abiti da nonnetto che solo lui riesce a portare con così tanto appeal. La location in quella storia è stata il più potente alleato per la costruzione del personaggio, un luogo defilato e apparentemente come tanti, isolato nel silenzio e lontano dagli sguardi. In realtà la maggior parte delle scene vennero poi girate nella vicina Castel del Monte, altrettanto bella e divisa solo da qualche minuto di macchina, pascoli e strade tortuose.

Ma veramente poco si vede di Castelvecchio Calvisio in quel film. E soprattutto tra il grigiore imposto per esigenze di copione non si intravede la vera bellezza del luogo, la luce che gioca tra gli archi e le scalinate dei vicoli, i fiori che portano sollievo ai balconi di case chiuse o silenziose, i piccoli tunnel ombrosi di archi e i paesaggi bellissimi che fanno da sfondo. Il borgo è dotato di molta atmosfera malgrado sia parzialmente inagibile e sofferente, le ferite profonde lasciate dai terremoti sono ancora profonde.

Il borgo è famoso per i suoi passaggi coperti, per gli archi e i barbacani (le mensole di pietra che sostengono scale esterne), oltre che per il panorama su Rocca Calascio che si apre dalla piazzetta dove si trova il parcheggio libero.

Le case hanno in genere due piani e al secondo si sale attraverso le scale in pietra esterne, e sono proprio loro, con le linee diagonali e l’alternanza armonica nello spazio, a rendere speciale l’immagine di tante costruzioni massicce dall’esterno semplice e spoglio. Nel piano inferiore si trovavano le botteghe e i depositi mentre al piano superiore c’erano le abitazioni, spesso appartenenti alla stessa famiglia che possedeva e gestiva il piano inferiore. Molti edifici sono oggi abbandonati, soprattutto nelle vie interne del borgo. Il silenzio è profondissimo, sembra quasi di stare in un bosco ombroso di scale e mura, molte cose sono state lasciate in fretta e dimenticate, altre sembrano accantonate come in un magazzino della storia. Complice anche il caldo di una giornata estiva, per le vie delle borgo non c’era anima viva, una capsula del tempo surreale quanto affascinante.

Nella storia di Castelvecchio appare anche un famoso personaggio che da perugina non posso ignorare, Braccio da Montone (detto il Fortebraccio), il capitano di ventura attaccò e saccheggiò Castelvecchio nel 1423 durante la guerra contro L’Aquila. Nel Seicento e nel Settecento il borgo appartenne ai possedimenti dei Medici, prima di diventare poi parte del regno dei Borboni. Il suo aspetto è rimasto pressochè invariato nei secoli e, speriamo, che tutto il nucleo storico tornerà ad essere completamente restaurato ed agibile.

Il piccolo borgo, malgrado sia appena sfiorato dal turismo, è praticamente sotto gli occhi tutti perchè la sua immagine alla specchio è la famosissima Rocca Calascio. Incluso nella lista dei Borghi Autentici d’Italia, Castelvecchio è una cittadella dalla quale si accede attraverso archi e antiche porte d’ingresso. Un borgo fortificato con case/mura e una pianta ovale che copre il punto più alto di un colle tra le montagne di Campo Imperatore e la Valle del Tirino. Al momento non è un luogo molto vissuto e vivace ma è un posto che consiglio vivamente di visitare per le emozioni contrastanti che è in grado di scatenare. Nonostante gli attuali ponteggi, le reti e i divieti Castelvecchio Calvisio ha ancora una voce profonda per raccontare se stesso.
