
Herculaneum, fondata secondo la leggenda dall’eroe greco al ritorno dalla Spagna, fu una cittadina portuale punto di riferimento anche per un insieme di ville lussuose disseminate lungo la costa. Di dimensioni più raccolte rispetto a Pompei, e con un diverso epilogo scritto in quel 24 ottobre dell’anno 79 d.C., Ercolano è ancora oggi un’impressionante fotografia del tempo della Roma imperiale, passeggiando per le sue vie si incontra la bellezza, la quotidianità del mondo antico, l’organizzazione delle strade, delle case, dei complessi termali. Ed era un luogo bellissimo.
La città venne ritrovata in modo fortuito nel 1738 durante i lavori della residenza borbonica di Portici, la notizia scatenò non solo primi interventi di ricerca ma anche cacce al tesoro improvvisate e un sistema di gallerie che divenne meta di viaggi avventurosi durante i Grand Tour ottocenteschi. Chissà che emozione, ma anche che pericolo, addentrarsi nel buio più completo tra le strade, gli affreschi e i mosaici di Ercolano, sesazione che provano ancora coloro che discendono nel teatro, completamente intrappolato dai detriti nel ventre della città.
Seguendo la mappa è facile vedere ogni singolo luogo di Ercolano senza lasciare indietro nulla, una scacchiera tagliata in cardi e decumani, una città ordinata, di piccole dimensioni, affacciata sul mare e che poteva vantare acqua corrente, bagni pubblici e strade a traffico limitato. Non è un insieme di rovine da identificare nell’immaginazione ma una città straordinariamente conservata nei dettagli, con le sue strade, le botteghe, le case e gli edifici pubblici.
Sono ancora presenti i piani superiori delle abitazioni, si è conservato il legno, alcune stoffe e naturalmente i celebri papiri ritrovati nella maestosa Villa coperta da venticinque metri di detriti. E la Villa dei Papiri continua ad essere ancora oggi un cantiere, da sempre chiusa al pubblico e per gran parte sepolta, la sua struttura è invisibile agli occhi ma per assurdo al mondo ne esiste in superficie un modello fedele: la ricostruzione a Los Angeles voluta dal miliardario Paul Getty, basata sulla planimetria ricavata esplorando i tunnel sotterranei borbonici. Gran parte della città giace ancora sotto l’Ercolano di oggi, se un giorno dovessero estendersi gli scavi chissà quante altre sorprese potrebbero uscire fuori dalla macchina del tempo.
Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre partì dal vulcano la nube ardente che uccise all’istante tutti gli abitanti rimasti in città, partirono successivamente colonne di detriti che inglobarono tutti gli edifici e fecero avanzare la linea di costa in modo considerevole, seppellendo ogni ricordo dell’antico porto. Un sigillo che ha permesso anche al materiale organico di sopravvivere nei secoli in assenza d’aria.
Circa 4.000 abitanti dovevano risiedere ad Ercolano nell’anno dell’eruzione, molti dei quali liberti, ex schiavi che stavano organizzando, anche con un notevole successo, la loro nuova vita. Dal punto di vista numerico i corpi ritrovati a Ercolano sono pochi rispetto il numero degli abitanti, potrebbe essere un buon segno, forse molti sono riusciti a scappare verso Napoli quando ancora le condizioni lo permettevano. C’è questa speranza. Nei magazzini del porto si ha la visione agghiacciante della terribile fine degli ercolanensi che invece aspettavano invano la salvezza dal mare. Quella notte proprio mentre stavano lì ad attendere un soffio distruttivo li uccise all’istante.
Si può osservare tutta la città emersa dagli scavi anche nel suo insieme, si notano le strade, il profilo delle case e anche la terrazza di Marco Nonio Balbo che poggia sui Fornici, i magazzini, a ridosso di quella che era un tempo la spiaggia (dove è stata trovata anche la piccola barca di un pescatore). Oggi al posto del mare c’è un’inquietante muro nero di detriti, una montagna di fanghi solidificati che guarda ancora verso gli scheletri degli ultimi fuggiaschi. La statua venne eretta come omaggio per ricordare la generosità del personaggio pubblico, colui che volle diversi interventi di restauro e miglioramenti edili nella città di Ercolano, commissionata da un liberto ancora fedele al suo ex-padrone. Dalla Terrazza, collegata all’Area Sacra, si raggiungevano anche le Terme Suburbane, scenograficamente affacciate sul mare.
Per visitare Ercolano consiglio di non saltare da un luogo all’altro senza un ordine preciso ma di seguire l’itinerario ben marcato dalle strade romane guardando prima tutto ciò che c’è a sinistra, e poi a destra, salendo e scendendo dalla stessa strada prima di cambiarla. Meglio portarsi dietro la mappa che viene consegnata alla biglietteria per evitare di sorvolare per sbaglio alcuni luoghi imperdibili. Affacciatevi e sbirciate ovunque, ci sono delle vere e proprie meraviglie (e spesso non se ne intuisce la presenza restando solo all’esterno).
La Casa dell’Albergo era una grandissima dimora lussuosa con terme private e un giardino, il suo stato di conservazione oggi non è ottimo ma è possibile intuirne le dimensioni e l’area che occupava questa residenza in origine. Splendida è ancora oggi invece la Casa dello Scheletro, con dipinti dai colori accesi, la parete absidata nella quale si scorge un candelabro con pavone, il larario che ospitava le divinità della famiglia, il ninfeo decorato con mosaici marini e la “finta grotta” per riportare all’interno della dimora i colori e le suggestioni di un ambiente naturale. Prima di uscire fate caso anche alla stanzetta dello schiavo, nella quale resta anche un piccolo larario per i suoi dèi protettori.
Si incontrano diversi punti di ristoro lungo la strada, una specie di “bar” o “fast food” con dei banconi di marmo nel quali veniva incassati dei recipienti per delle vivande semplici (olive, noci, formaggi) e vino. Il cuore pulsante doveva essere un tempo il Decumano Massimo dove si trova la fontana di Ercole, il leggendario fondatore della città. Da lì si entrava nell’area della Basilica, preceduta da un arco monumentale con statue, o nel complesso delle Terme Maschili. Sui marciapiedi si trovavano le botteghe di ogni tipo, nel lato orientale il porticato con le colonne, dal lato occidentale negozi che offrivano beni e servizi, come la lavanderia, la Bottega del Lanarius nella quale si trova ancora una pressa per la stiratura (l’unica mai ritrovata), l’officina di un fabbro e persino un emporio nel quale è possibile vedere ancora il listino prezzi delle brocche di vino vendute all’interno.
Da visitare quasi in punta di piedi, la Sede degli Augustali, dove affreschi in perfetto stato di conservazione svelano ancora oggi quale era la sacralità e la solennità del luogo. Il Collegio era nato per celebrare il ricordo e la divinità del primo imperatore romano e si trattava di un ambiente assolutamente meraviglioso. Splendidi marmi rivestivano il pavimento e un ciclo di affreschi raffigurava Ercole al cospetto degli dèi dell’Olimpo. Una bellezza che è arrivata a noi come una cartolina dal passato. Il custode restò ad attendere la sua fine nel letto della stanza adiacente, scelse di rimanere a vegliare quel luogo così sacro, oppure ebbe qualche problema e non riuscì ad andare altrove? Non lo sapremo mai.
La sensazione che si prova a varcare la soglia di queste raffinate stanze oggi è un misto di incredulità e ammirazione, un rapimento dei sensi se si è affascinati dal mondo classico, e in particolare dalla storia romana. Difficile scegliere quale dimora sia stata la più bella, ciascuna ha delle particolarità che la rendono unica o una storia fatta di ritrovamenti, racconti di uomini o oggetti miracolosamente apparsi dopo quasi duemila anni di oblio. L’attenzione di ognuno si soffermerà poi su punti e dettagli diversi, per esempio ho trovato molto interessante la Casa del Bel Cortile, originale e con un soppalco in muratura che non avevo mai visto altrove. Oppure la Casa del Salone Nero, una delle più belle e raffinate domus di Ercolano, con affreschi meravigliosi che appaiono come visioni da una parete scura simil-lavagna, di questa dimora conosciamo anche il nome del proprietario: Lucius Venidius Ennychus, un liberto divenuto cittadino romano, è stato possibile conoscere la sua identità grazie a delle tavolette conservate come prova della richiesta di cittadinanza.
La Casa del Tramezzo di Legno prende il nome dalla parete divisoria di legno ritrovata al suo posto e in ottimo stato di conservazione. Varcate la soglia di questa residenza e trattenete per un attimo il fiato. Non serve neanche l’immaginazione perchè tutto è ancora lì, il pavimento, la vasca per la raccolta dell’acqua piovana, i bellissimi affreschi alle parete e perfino un tavolino espositivo (nel quale mettere in mostra i preziosi della casa) in elegante marmo bianco.
Passeggiando fate caso anche alla Casa a Graticcio, un’abitazione popolare a due piani con alternanza di travi di legno e mattoni, sembra l’antenata delle case dei centri storici della Francia e della Germania. La Casa Sannitica, con un secondo piano perfettamente conservato, vi apparirà come un sogno ad occhi aperti. Varcandone la soglia avrete la sensazione di entrare letteralmente “a casa di qualcuno”, tutto sembra al suo posto e per un attimo ci si dimentica sia dell’età che della sorte di questo edificio ancora imponente, bello, accogliente. Un luogo pensato per abitare, per vivere, per incontrarsi. E’ ancora una casa e non un ammasso di rovine.
Di Ercolano ci si innamora perdendosi nei suoi piccoli dettagli, dalla bella Venere che si lava i capelli nella fontana del Decumano Massimo, alle insegne poste fuori dalle case dove i nomi dei proprietari rivelano origini molto lontane, gente che dall’altro capo del Mediterraneo venne a stabilirsi proprio lì, in quel meraviglioso tratto di costa circondato da terreni fertili e apparentemente amici. E poi le oscilla, i medaglioni di un bianco candido che ondeggiano al vento sospesi tra le colonne dipinte di rosso nella bellissima Casa del Rilievo di Telefo. I marmi pregiati di colori splendidi della Casa dell’Atrio a Mosaico e i gocciolatoi a forma di animali simil gargoyles della Casa del Tramezzo di Legno.
La più nota immagine di Ercolano è forse la porzione dei mosaici del ninfeo della Casa di Nettuno e Anfitrite. Una sintesi della sfavillante e accurata raffinatezza delle ricche dimore del mondo romano, pare un dipinto degno di essere esposto in un grande museo. Nella casa non c’era un vero e proprio giardino ma un piccolo paradiso artificiale capace di suscitare stupore e meraviglia, un angolo così piacevole e perfetto ritagliato con maestria praticamente al centro di un città. Il suo proprietario non era forse tra i più ricchi di Ercolano ma il gusto squisito con cui la casa fu arredata ce la presentano ancora oggi come un modello di ricercatezza assoluta. A fianco è possibile vedere una bottega di generi alimentari dove tutto è ancora al suo posto, ci sono anfore custodite nelle scaffalature di legno, come oggi le bottiglie di vino in un’enoteca, e il forno per la cottura degli alimenti. Si può anche vedere la posizione del letto nel piccolo piano superiore. Casa e bottega diremmo oggi.
Ho dedicato un’intera giornata, quasi dall’apertura alla chiusura del sito, alla scoperta di Ercolano e le ore passate tra le sue vie sono state preziose ed emozionanti. Perchè entrare a Ercolano è varcare la soglia di una città vera, avvicinarsi alla storia dei suoi abitanti, scomparsi in circostanze tragiche ma resi immortali nella loro organizzata quotidianità. Un mondo a colori, pieno di vita, di decorazioni, di soluzioni pratiche, di positività, di eleganza. Un mondo che ci sembra distante, sconosciuto, eppur familiare. Somiglianze e differenze che spiazzano, che fanno pensare, che in qualche modo ci riportano lì, ad un tempo che non abbiamo conosciuto ma che fa parte del bagaglio del passato. E pare di conoscerlo, di tornare a sfiorarlo, come tra ricordi spezzati accumulati nei sogni.
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