
Sempre l’uomo non volgare e non infame o scavalcato o inutile si spense
Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, il proprietario e creatore di Sammezzano, scelse di scrivere questa frase proprio ai lati del primo ingresso del suo luogo del cuore. Il Castello è un modo per esprimere la sua visione dell’architettura e della bellezza ma anche una voce per condividere dubbi, delusioni e l’amarezza per una società che non l’ha saputo apprezzare fino in fondo. Quello che appare come un sogno delirante è stato in realtà un progetto lucido e ben studiato, l’Oriente non è solo un rifugio per la mente con un carnet di immagini, stili e fantasie ma anche un richiamo a quelle che Ferdinando riteneva essere le radici e le ispirazioni anche per l’arte Europea. Assorbire diverse suggestioni per creare un proprio riassunto personale, da una porta all’altra si varcano confini netti, è come fare un viaggio.

Qual è il sapore di un sogno realizzato? Dolce dolcissimo. Come un tuffo indietro nel tempo, nell’infanzia, quando ancora il mondo sembrava un luogo fantastico e qualcosa di inaspettato e meraviglioso poteva sempre accadere. Un regalo, un colpo di fortuna, una gioia così forte da non dormirci la notte. Quante emozioni mi ha regalato questa visita a Sammezzano! Eppure questo sogno ha un retrogusto amaro, una forte malinconia mi invade pensando allo stato penoso in cui si trova questo castello. Si può lasciar morire nel silenzio così tanta bellezza?
Sammezzano è un luogo che attualmente sta soffrendo e che ha bisogno di cambiare il suo destino, non solo non è visitabile (quando dovrebbe, dato l’interesse che è capace di scatenare non solo tra il pubblico italiano ma anche internazionale), il problema maggiore sono le sue precarie condizioni di salute e la necessità di interventi tempestivi.

Il progetto del Castello è inscindibile dalla figura del suo proprietario, architetto e ideatore, un uomo del quale non capita spesso di sentir parlare, un intellettuale discendente dalla famiglia Panciatichi, tra le più ricche di Firenze e gli Ximenes d’Aragona, nobili provenienti dalla Spagna. Il contesto storico è quello dell’Unità d’Italia e la Firenze che per alcuni anni fu Capitale.
Sammezzano non nasce veramente dal nulla, c’erano già delle strutture che Ferdinando è andato nel tempo a reinventare. Da una fattoria a un vero e proprio castello modellato sullo stile Orientalista. Tutto venne pensato e progettato da Ferdinando con l’aiuto di artigiani locali per la produzione dei gessi, delle maioliche e degli specchi. La creazione di Sammezzano è stata a “chilometro 0”, tanto che fu allestita una fornace direttamente nei pressi della struttura. Per immaginare e realizzare questa meraviglia Ferdinando non dovette neanche compiere i viaggi esotici che avevo immaginato, la cosa che mi sorprende è che in realtà lui non si dedicò alle avventure come altri ricchi intellettuali del suo tempo amavano fare, i suoi spostamenti iniziarono e finirono nei confini dell’Europa Occidentale. Il viaggio in Oriente di Ferdinando è stato solo ideale, quello che ha concretizzato non con una partenza ma con una creazione materiale e meticolosa riproduzione a partire dalle immagini viste sui libri. Una sintesi culturale dove mondi diversi si rincorrono tra l’aprire e il chiudere delle porte. E quelle porte che fanno da confine, neanche a dirlo, sono bellissime.

Come mantenere i nervi saldi tra le mura di Sammezzano? Si viene risucchiati da una voragine di bellezza, di mistero, di colori e immagini, senza contare l’effetto sorpresa che ti toglie il fiato ad ogni ingresso in una nuova sala. E poi Sammezzano parla, ha una voce. Una voce vera. A volte dolente e malinconica, altre volte bella forte e risoluta. Ha pure una certa ironia. Il castello parla agli ospiti attraverso tante iscrizioni e simboli, si presenta, li interroga, si sfoga con essi e lancia come freccette affilate dei suggerimenti o indovinelli. Sammezzano ha un percorso ben definito perchè ogni discorso deve avere un filo logico.

Negli anni Settanta Sammezzano è stato un’albergo di lusso e una location per matrimoni molto amata, poi un lunghissimo limbo dal quale non è ancora uscito. Il castello fa parte del complesso del parco, un progetto che in origine comprendeva piante tropicali, oggi in gran parte andate perdute, mentre le sequoie sono ancora presenti.
Ogni sala è diversa, dal Salone d’Ingresso con un tripudio di colori, simboli e iscrizioni, si passa poi alla Sala Della Volta Celeste che è un richiamo fortissimo all’Alhambra di Granada, ancora qualche passo e si accede alla Sala da Ballo, monocolore eppur opulenta, maestosa come l’interno di una cattedrale ma che trasporta in mondi lontani. Anche le sale piccole sono ugualmente sorprendenti, basti pensare alla Sala degli Specchi, dove soffitto sembra una grotta sotterranea bianca e la volta è illuminata da tanti specchi che creano giochi di luce nella penombra.

Lungo il Corridoio delle Stalattiti ci si ritrova senza fiato tra giochi di vetri e innumerevoli guglie al contrario, le muqarnas, riferimenti all’arte dell’India Moghul ma in uno svavillante technicolor. E poi salette da fumo, una Sala della Musica con colonne e colori sgargianti, giochi di prospettive, fantastiche finestre, corridoi e tante iscrizioni che invitano gli ignari ospiti a “sciogliere il nodo”. Ma è quasi impossibile riuscire a pensare quando gli occhi non sanno dove poggiarsi. Quando una sovrabbondanza di colori quando la totale assenza, come nella Sala degli Amanti, dove nel bianco totale si intrecciano finissime decorazioni, come fili di un ricamo. La mia preferita è la Sala dei Pavoni, un trionfo dell’architettura Moghul con i colori dell’animale simbolo dell’India, tra ventagli che si aprono come arcobaleni.

Nonostante Ferdinando sia stato un uomo liberale e anticlericale l’ultima sala del percorso è una Cappella, che forse era già parte del complesso e che lui ha rimodellato a suo gusto. Il Cristianesimo, L’Islam e l’Ebraismo si incontrano in un unico spazio ma nessuna delle tre religioni monoteiste sembra avere la meglio sulle altre. Il Castello si chiude con un accordo, o forse un compromesso (o una burla), l’immagine si presta a diverse interpretazioni.

Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona è stato un intellettuale poco apprezzato dai suoi contemporanei o visto come un elemento bizzarro, del tutto assorbito dai suoi studi sull’Oriente. In realtà Ferdinando si muoveva con disinvoltura in molti campi del sapere, dalla scienza all’architettura, dalle lingue orientali a quelle classiche, esperto di botanica, di letteratura, di numerologia ma anche in grado di progettare, tra le tante cose, un microscopio o studiare materiali decorativi e illusioni ottiche. Nelle sale di Sammezzano si sente ancora la sua voce:
“Mi spezzerò ma non mi piegherò”
“Ogni forte è sempre solo”
“Il popolo mi fischia, io me ne frego”
“Noi contro tutti, tutti contro noi”
Sammezzano parla a nome di un Ferdinando disilluso. Ci racconta la politica italiana del suo tempo e la volontà di seguire le proprie idee nonostante tutto, anche a costo di ritrovarsi il vuoto attorno. Prende vita il suo mondo ideale ma anche la solitudine. Un isolamento nel quale però è vietato smettere d’interrogarsi sul senso della vita.

Visitare il Castello di Sammezzano è un sogno che in molti sperano di realizzare. Per me è stato un unicorno da rincorrere per dieci anni, fino a quando un fortunatissimo click day mi ha regalato questa possibilità. I due giorni di aperture nell’Edizione 2021 delle Giornate Fai di Primavera hanno esaudito il desiderio di pochissimi fortunati ma il destino di questo posto, se non cambia qualcosa a breve, sembra seriamente compromesso. Non nego che vincere questa lotteria è stata la prima cosa buona di questo anno, ora mi auguro però che le sorti di questo luogo meraviglioso migliorino e che il Castello possa tornare al suo splendore ed essere fruibile a tutti. Oltre che parlare della sua straordinaria bellezza è giusto ricordare che in assenza di un restauro saggio e capillare per questa meraviglia non c’è futuro.

Per conoscere di più e restare aggiornati sulla situazione del Castello di Sammezzano: Save Sammezzano.