
In questi giorni di reclusione forzata, in cui la libertà ci sembra perduta e la bellezza di un picnic, una gita al mare e una cena tra amici sono un ricordo appannato, mi è capitato spesso di riflettere su i pro e i contro della realtà moderna e globalizzata nella quale viviamo. Un meccanismo organizzato e perfetto ma così fragile da essere messo KO da un solo nemico invisibile e microscopico. Un puzzle meraviglioso che ha accorciato le distanze e ci ha resi tutti cugini, ma nel quale basta che sorga un problema in un angolo qualsiasi del grande tappeto per far marcire la trama altrove, anche dall’altro capo del lungo e intricato tessuto.
Devo ammettere di sentirmi fortunata per aver vissuto questi anni di pace, di movimento e di libertà, di aver girato l’Europa e il mondo pur senza avere grandi mezzi economici. Non è sempre stato così, il turismo di massa è un fenomeno molto recente, così come la voglia di conoscere borghi, musei e piccoli centri nel fine settimana, oppure prendere voli low cost e passare tre giorni in luogo qualsiasi dell’Europa. Ecco proprio in questi giorni in cui la paura del fantomatico virus mi tiene inattiva e incollata al divano, tra biscotti, pizze fatte in casa e lievitazioni lentissime per il pane quotidiano, mi è venuta voglia di aprire tanti cassetti che erano rimasti per anni inesplorati. Adoro guardare le vecchie foto e cercando mi sono trovata davanti la scatola dei ricordi delle vacanze dei miei nonni. Ho riportato alla luce un tesoro.
Negli Anni Cinquanta, quando si sono sposati, viaggiare non era affatto una cosa comune. Ad eccezione dei pochi privilegiati, poter vedere qualcosa in più, muovendosi oltre la propria realtà quotidiana, era un lusso e un’evento straordinario, un’occasione che nella vita dei più non capitava mai, o rimaneva nella veloce parentesi del viaggio di nozze. Le vacanze non erano per tutti e i viaggi in aereo solo per pochissimi, le persone normali era già tanto se riuscivano a vedere da vicino un aeroporto, farsi fotografare vicino ad un aereo era una grande emozione, salirci un sogno inavvicinabile.
I miei nonni pur non avendo avuto la macchina durante gli anni della loro gioventù hanno potuto contare su un importante alleato, le due ruote. Una lambretta è stata certo meno confortevole di un’utilitaria ma, seppur nei limiti, gli ha concesso la possibilità di vedere qualcosa, di fare esperienze al di fuori del proprio nido. Cosa per niente scontata in quegli anni.
Erano usciti dalla guerra, che avevano visto da bambini e fortunatamente neanche capito fino in fondo, e avevano il desiderio di avere una vita tranquilla, in linea con i desideri del tempo: una casa, una famiglia, il lavoro. Alcune cose erano più semplici, altre inesistenti o complicate ma di certo è che forse ci si faceva meno domande e si apprezzava di più il momento. Mia nonna se ne è andata nel 2008, dodici anni che a volte mi sembrano un secolo, a volte un secondo. Mio nonno si sente ancora un ragazzino e non ammette i limiti della sua età, solo ultimamente ha abbandonato le due ruote per le quattro.
Il mondo del turismo è cambiato radicalmente negli ultimi anni, le agenzie di viaggio hanno perso il monopolio e internet ha sdoganato le prenotazioni e i viaggi fai da te. E’ diventanto impossibile perdersi quando si hanno in tasca cellulari perennemente collegati a internet, google maps e navigatori satellitari in auto, e in borsa guide aggiornatissime per organizzare un viaggio già dal divano di casa. Senza connessioni e aiuti tecnologici già qualche decennio fa era ben diverso girare per le città, ci si affidava alle cartine, da srotolare come papiri cercando strade dai nomi scritti piccolissimi, spesso ci si ritrovava a comprare una guida in autogrill e vagare per le autostrade senza avere idea di dove andare, con il passeggero di fianco all’autista che faceva da cicerone e doveva stare sempre a leggere e a controllare di non aver perso l’uscita giusta.
Questo periodo me lo ricordo ancora con una certa tenerezza, ma sfogliare l’album fotografico dei miei nonni mi porta a fare ancora un passo indietro, in un mondo che non ho conosciuto.
Dalle loro foto vedo una Roma con qualche turista mescolato ai locali, una Venezia dove ancora si poteva dar da mangiare ai piccioni in Piazza S.Marco, gli scavi di Pompei visitati da quattro gatti, dove si aveva la possibilità di scattare una foto della Casa del Fauno deserta (mentre io ho dovuto rassegnarmi e scattare foto a pezzetti, schivando le teste della gente). Rivedo la mia città, Perugia, con il tram che passava fino davanti a Palazzo dei Priori e le signore eleganti con i loro abitini stretti in vita in giro per Corso Vannucci.
Dalla scatola salta fuori anche un panorama di Roma dalla Cupola di San Pietro dove si vedono le macchine parcheggiate sulla piazza, proprio accanto al colonnato del Bernini, aeroporti facilmente avvicinabili e privi delle rigide norme di sicurezza a cui siamo abituati. Guardo con dolcezza un’immagine in cui i miei nonni giravano per Firenze in carrozza o si facevano ritrarre per mano in Piazza della Signoria. Tra le tante immagini mi resta difficile vedere le foto di Napoli in bianco e nero, perchè Napoli è indivisibile dai suoi colori, su scala di grigio non rende e sembra irreale. Oggi concedersi un weekend a due ruote è una scelta alternativa segno di un turismo ricercato e slow, prima è stato per molti l’unico modo per poter andare in vacanza e gustarsi la propria libertà. Adesso non serve un vero motivo per viaggiare, mentre prima le poche occasioni di fuga erano “la luna di miele” e la “villeggiatura estiva”, ed entrambe ruotavano quasi sempre negli stessi posti. Non si stavano a calcolare i ponti sul calendario, gli itinerari erano molto semplici e non era così scontato poter prenotare
una camera d’albergo, biglietti del treno e dell’autobus, l’aereo era inavvicinabile e restava riservato solo ad una strettissima fascia di fortunati.
Vedere queste immagini è stato come viaggiare per un po’ con i loro occhi, ho passato un pomeriggio intero a rendere ogni foto digitale, per portarmelo sempre con me, in mezzo ai miei ricordi. Poi ho pensato di condividere qualche scatto d’epoca quì, perchè infondo la storia siamo noi, le tante piccole tessere di un mosaico più grande, la molteplicità di voci che si registrano nel tempo e mai si cancellano veramente, come se il passato fosse ancora nel presente, a suggerirci qualcosa quando meno ce lo aspettiamo.