
Il turismo a Tiwanaku (o Tiahauanaco) è ancora poco, eppure il sito archeologico a poca distanza da La Paz conserva le rovine di una delle città più antiche del continente americano che nel massimo del suo splendore (attorno al 700 d.C.) arrivò a contare anche più di 50.000 abitanti. Il centro di un impero antecedente al mondo degli Incas la cui espansione continuò ininterrotta per secoli, e ancora oggi, seppur nel suo scheletro, continua ad affascinanare e stimolare nuove ipotesi sulla sua datazione e vocazione.
La civiltà Tiwanaku nacque sulle sponde del Lago Titicaca probabilmente intorno al 200 a.C, e i primi insediamenti, occupati e utilizzati poi dagli Incas, sono ancora visibili nell’Isla del Sol, le loro conoscenze astronomiche, artigianali e ingegneristiche influenzarono non poco gli imperi sudamericani che vennero dopo. La fertilità dei terreni bagnati dalle acque del lago, e delle aree circostanti per svariati chilometri, ha permesso all’agricoltura di prosperare, mettendo al sicuro la sopravvivenza e il benessere degli abitanti, col tempo vennero tracciate nuove rotte commerciali e la progressiva annessione di territori diede vita a un vero e proprio impero.
Tiwanaku non fu solo il centro del potere ma un importante luogo di culto e di pellegrinaggio, tanto da attirare fedeli da tutta l’area andina tra Perù e Bolivia. Attorno all’anno Mille il declino della città divenne sempre più evidente, gli abitanti migrarono in cerca di altri centri urbani in espansione e Tiwanaku venne abbandonata. A riscoprirla, secoli e secoli dopo, furono i conquistadores, che si ritrovarono casualmente tra le rovine (stracolme d’oro e preziosi) mentre cercavano di localizzare alcune città incaiche ancora fiorenti e abitate.
Gli enormi monoliti di Tiwanaku affascinano ancora oggi, così come le piramidi, i templi, le aree sociali, i sistemi di irrigazione e gli elementi decorativi oggetto di studi e campagne di scavo. La Porta del Sole è forse l’immagine più nota, con il suo ritratto, ancora ben conservato del dio della creazione Viracocha (conosciuto anche col nome di Kon Tiki) accompagnato da condor antropomorfi. La struttura venne ricavata da un unico blocco di pietra e prova che le conoscenze tecniche e scultoree dell’antica civiltà erano tutt’altro che rudimentali. Si tratta di una delle raffigurazioni più celebri del dio principale del pantheon andino: Viracocha, il creatore dell’universo, raffigurato con una corona di raggi solari e due fulmini ben stretti in mano, le sue lacrime divengono la pioggia che garantisce il proseguimento della vita sulla Terra. Il suo culto era affiancato a quello di Inti, il dio del sole, e la Pachamama, la madre terra.
Nel sito si trovano delle piattaforme a gradoni (Akapana) e anche un tempio semi-sotterraneo (Kalasasaya) con mura poligonali perfettamente solide che sembrano incastrate come Lego. In una porzione del muro si trova un’interessante galleria di volti umani, la cosa curiosa è che non c’è un’omogeneità etnica ma si trovano tratti somatici molto diversi, sembra di vedere una rappresentazione stilizzata delle diverse razze umane, europei, africani, asiatici, nativi americani, uomini con la barba (che non è distintiva dei gruppi etnici andini) o con il cappello. Solo la fantasia dello scultore? Forse. Chissà invece che non ci siano stati incontri pacifici tra i popoli diversi ancor prima della scoperta e distruzione delle antiche civiltà americane. E’ un’ipotesi.
Le statue e gli oggetti rinvenuti nell’area oggi conservati in due piccoli musei adiacenti al sito, uno dedicato alla ceramica e uno ai monoliti raffiguranti le divinità, imperdibili le gigantesche raffigurazioni di idoli e sacerdoti, tra cui una monumentale figura della Pachamama, la madre terra, alta più di sette metri e ricavata da un unico blocco di pietra.
Tiwanaku è facilmente raggiungibile con una gita giornaliera da La Paz, dista appena 70 km dalla capitale e tutte le agenzie di viaggio locali offrono visite con bus e guida al seguito.