
Millenni di storia, architetture suggestive e montagne di cibo, la piazza più grande al mondo e vicoli che profumano di tè e caramelle appiccicose, l’aria pesante di smog e il sole oscurato quasi per tutto il giorno dietro una nebbiolina umida. Beijing è tinta di rosso e di grigio, gli enormi palazzi rettangolari del socialismo si intervallano a forme sinuose di pagode, di serpenti scolpiti e di draghi colorati, città di razionalità ma anche di fantasia, di un mondo antichissimo da scoprire con curiosità e pazienza.
Pechino in gennaio è freddissima ma non è affatto impossibile visitarla, anzi, si ha il privilegio di trovare in giro meno turisti rispetto il resto dell’anno. Viaggiare fuori stagione può rivelarsi una scelta azzeccatissima (e con una buona caccia ai voli… pure economica) soprattutto per sfruttare al meglio il tempo alla Città Proibita senza soffocarsi nelle file, riuscendo anche a trovare tratti liberi dai turisti lungo la Grande Muraglia.
Il primo incontro con la città non può che partire da Piazza Tienanmen, la più grande al mondo, nella quale anche la moltitudine di persone presenti sembra sparire e annullarsi come un puntino all’orizzone. Per giungerci dalle altre vie della città ci sono sempre controlli di bagagli e documenti ed ingressi su passaggi sotterranei. Sarà per le sue dimensioni o per l’esservi giunta dopo aver attraversato un cunicolo, Piazza Tienanmen mi è sembrata così grande e vuota da darmi un senso di vertigine. In lontananza appare il profilo dell’ingresso alla Città Proibita e la celebre foto di Mao Tse -Tung.
Impossibile visitare la Città Proibita di corsa! Solo una volta entrati nell’enorme labirinto di edifici imperiali si iniziano a capire le dimensioni e la complessità del progetto. Una vera città nascosta agli occhi del mondo, padiglioni, cortili, palazzine al centro di altrettante piazze e piazzette con sale del trono e di rappresentanza
il rosso è abbagliante, ammalia e riempe ogni sguardo. Appaiono montagne artificiali ricreate con pietre e piante ornamentali, giardini e aree di svago, luoghi dall’immagine solenne e intrecci di ponti e passerelle decorate, dai tetti sembrano giocare con lo sguardo dei visitatori animali magici e draghi. Varcare la soglia di questo luogo è estremamente emozionante e nessun racconto riesce a prepararti a quello che vedrai dall’altra parte del famoso portone rosso scarlatto.
L’immersione nelle bellezze delle Cina antica continuano con la visita al Tempio del Cielo, un luogo facilmente raggiungibile in autonomia con una corsa in metro e una breve passeggiata. Si tratta di un insieme di edifici a scopo rituale costruiti a partire dalla prima metà del 1400, uno dei monumenti che nacquero durante la dinastia Ming quando Pechino divenne capitale. Un luogo che si apre agli occhi piano piano, anch’esso celato al mondo da un pesante portone, e che culmina davanti al bellissimo altare rotondo circondato da anelli di scale di marmo bianco lavorato.
Dalle forme armoniche e colori sgargianti, il tempio fu eretto senza l’uso di chiodi e seguendo precise regole di numerologia e organizzazione dello spazio. Era proprio quest’ultimo edificio il luogo più sacro dove venivano offerti sacrifici per propiziare le forze della natura. L’imperatore nella sua figura semidivina doveva fare da mediatore tra l’umanità sulla terra e l’universo, cercando di mantenere l’ordine cosmico e augurare un buon raccolto per la nuova stagione.
Nell’itinerario di viaggio una giornata è da dedicare al meraviglioso Palazzo d’Estate appena fuori città (facilmente raggiungibile in metro senza spendere una fortuna). E se dopo tanti monumenti, pagode ed edifici reali si ha voglia di scoprire la nuova Pechino si può fare una sosta nel complesso di edifici costruiti per le Olimpiadi del 2008, un intero quartiere dal design moderno e stravagante che culmina con l’immagine dello Stadio Nazionale, una struttura in grado d’ospitare 80.000 persone e soprannominata il “nido d’uccello”, anche se a prima vista i suoi motivi ricordano più un nastro da ginnastica ritmica intrecciato.
Ritornando verso Piazza Tienanmen si scoprono anche altri viali moderni di negozi e ristoranti, ci sono vetrine chiaramente per turisti e catene di agenzie viaggi locali che vendono tutte gli stessi pacchetti per le visite alla Muraglia. Cerco invano un caffè per svegliarmi ma niente, proprio niente, l’unico luogo in cui sono riuscita a stringere in mano una preziosissima tazza di brodaglia in polvere è stata all’interno di una multinazionale di fast food. Altrimenti si va di tè verde, buono per carità, anzi buonissimo (ma che sonno). Si trovano spesso dei negozi specializzati in tè e tisane nei quali poter assaggiare diversi infusi profumati.
Non posso dire che Pechino sia una città veramente bella da vedere, saltando tutti gli edifici storici e le nuove architetture più stilose è un panorama piuttosto omogeneo di palazzi grigi disegnati con il righello. C’è da dire però che è ben organizzata, ha un’ottima rete di trasporti sotterranei e in superficie, accoglie una popolazione immensa ma non sembra neanche risentire troppo del peso del traffico e del sovrannumero di abitanti. Si passa degli ampi spazi delle piazze pensate per cortei e manifestazioni pubbliche alle vie strette degli Hutong, la Cina tradizionale che ancora lotta per sopravvivere al presente, vicoli dove ricercare antichi cortili, archi colorati, venditori lungo la strada case a un solo piano decorate con lanterne e figure beneaugurali. I quartieri della vecchia urbanistica di Beijing non sono spariti ma occorre andare a cercarli. Un’area facile da esplorare anche da soli è Guozijian Street, un salto indietro nel tempo a pochi passi dalla metropolitana.