
La seconda capitale più alta al mondo (dopo La Paz) e un paesaggio che si arrampica sulle montagne come una coperta drappeggiata. Quito, con i suoi 2800 metri d’altitudine è vicina alle nuvole e inondata di luce, ha un piccolo centro storico gioiello e una grande periferia che si divide tra aree disagiate ed altre benestanti. Per capire le dimensioni, la geografia e la bellezza di Quito bisogna salire sul Panecillo, una collinetta rotonda sormontata da un’enorme statua della Vergine, un’iconografia della Madonna molto particolare, è infatti ritratta come in molti altri luoghi con la corona di stelle e una mezza luna e il serpente schiacciato sotto ai piedi, ma … guardando bene… si nota che ha le ali. Delle ali enormi! Si tratta dell’unica raffigurazione di Maria con le ali di un angelo.
Quito dorme letteralmente abbracciata a un vulcano, il Pichincha, che con il suo profilo pure un po’ minaccioso da il buongiorno ogni mattina alla bella capitale dell’Ecuador. Uno dei centri storici coloniali meglio conservati del Sud America, un continuo alternarsi di salite e discese, antichi edifici con maestosi portali, cattedrale barocche o neogotiche che marcano punti cardinali per lo sguardo. Per il suo teatro naturale e per la storia dei suoi edifici, tutto il centro di Quito è stato considerato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.
Dall’alto del Panecillo appaiono splendide le guglie della Basilica del Voto Nacional, un monumento che con prepotenza si fa spazio tra gli edifici più bassi e semplici del centro coloniale. E’ una chiesa molto bella (anche se di costruzione più recente) e vi consiglio di vederla da vicino, soprattutto perchè si tratta di una reinterpretazione interessante dello stile gotico, con animali della giungla e delle Ande al posto dei gargoyles del Vecchio Continente. Al Panecillo non si può salire da soli ma rigorosamente in taxi, la collinetta non è sicura, anche se il luogo turistico comprensivo di belvedere lo è (e vi capiterà di incontrare anche un buon numero di vigilantes in divisa).
La piazza più bella di Quito è Plaza Grande, o Plaza de la Independencia, nella quale si incontrano i principali edifici della città, la Cattedrale, il Palazzo Presidenziale, quello Arcivescovile e il primo hotel di lusso della città ora sede di una banca. Ci sono pure dei giardini, popolati da tante tipologie di persone: famiglie con bambini, venditori ambulanti, coppiette, anziani che giocano a carte, studenti e accattoni. C’è chi vende palloncini, chi spreme il succo di lime, papaya e guanabana e chi aspetta che qualcuno dimentichi un abito, o una borsa, sulla panchina. Al centro della piazza il monumento agli eroi del 10 agosto 1809 nella quale la simbologia di animali e oggetti rappresenta la Spagna ferita e le catene spezzate da quella che fu la potenza di colonizzazione ed evangelizzazione. Sulla cima del monumento la Libertà, la presa di coscienza di un’identità nuova nata dalla sintesi ma finalmente in grado di muovere i propri passi.
La Cattedrale è indubbiamente bella ma se volete vedere la chiesa più spettacolare di Quito forse dovete recarvi altrove e cercare la Iglesia de La Compañía. La Chiesa dei Gesuiti è una delle più belle e ricche di dettagli barocchi di tutta l’America Latina, e se da fuori è un intricato ricamo di sculture e portali di legno intagliati, all’interno le statue, l’oro e la strabordante abbondanza di decorazioni è impressionante. Un luogo assolutamente da vedere per capire come il plateresco spagnolo si sia unito alla tradizione indigena anche nella rappresentazione del sacro. Tanto di tutto, e tutto insieme. Queste meravigliose chiese sono dei forzieri delle ricchezze sia materiali che culturali del passato.
Tra le cose da fare assolutamente a Quito c’è una passeggiata per Calle de La Ronda, una delle strade coloniali più belle e meglio conservate. Si torna praticamente indietro di almeno quattrocento anni e ogni angolo è curato e tirato a lustro dai titolari delle attività commerciali. Ma anche altrove potrete trovare locali storici molto ben tenuti, snack bar e gelaterie sotto i portici della città seicentesca e bellissimi patios con piante e fiori si aprono su inaspettati cortili all’ombra. Inoltre, il sincretismo culturale e religioso del Sud America regala spesso delle sorprese, può capitarvi di trovare statue di Gesù all’interno di un centro commerciale, magari circondate da palloncini colorati, in una continua mescolanza tra sacro e profano, tra Cristianesimo e culti indigeni, tra la tradizione nativa e coloniale. Un frullato fluido nel quale gli ingredienti di partenza diventanto inscindibili seppur facili da notare se il gusto è allenato.
Ma il centro storico di Quito non è affatto la parte più ricca della città, in realtà la gente benestante si è costruita case a appartamenti in un’area nuova, la Quito Moderna, le cui vie residenziali partono a raggera dal Parque El Ejido, luogo dove si trovano anche molte agenzie di viaggio che vendono pacchetti per le Galapagos e i negozi più alla moda, con vetrine infondo uguali a quelle di altre metropoli del mondo. In realtà cercando bene vi si trovano anche dei bei musei, per esempio La Casa de la Cultura de Ecuador. Non mi ha colpita particolarmente ma è un buon punto per dormire e trovare bei ristoranti sia di cucina locale che internazionale.
Seppur risulti meno sicura e molto datata ai nuovi cittadini della Capitale, la Quito antica ha un fascino e un’attrazione maggiore, non è sofisticata e mostra qualche ruga sotto al suo make up marcato di colori, odori e musiche struggenti. La musica che mi è capitato di ascoltare è stata straordinariamente triste. Melodica, nostalgica, sofferente. Parole di amore e di speranza con ritmi molto lenti ma incisivi, quasi fosse una preghiera. Allo stesso modo la Vecchia Quito è intrisa di un passato solenne, lontano ma così ben conservato da renderne ogni angolo una testimonianza, la foto di una cartolina intatta nel tempo. Immagini rimaste in un cassetto ma mai nell’ombra, perchè ad alluminarle c’è il sole delle Ande, il più energico e luminoso che ci sia.