
Davanti all’immensità e alla forza strabordante della Natura si possono avere reazioni diverse. Entrare nel grembo della Grande Amazzonia è un’esperienza molto forte e se alcuni sentono il risveglio di un istinto primordiale, di un ritorno alle origini e una completezza perduta, per altri, (me compresa) è una lotta contro l’ansia e un labirinto di incertezze. Malgrado si trattasse di un’escursione pianificata a tavolino dall’agenzia di Baños e quindi studiata per “turisti”, non nego di essermi sentita mancare la terra sotto i piedi senza capirne il motivo. La foresta con la sua vitalità e bellezza finisce per vincere su tutto, anche sull’uomo, che seppur sia una minaccia costante, altro non è che un fastidioso puntino su un foglio bianco, anzi no, verde. Che più verde non si può.

Le agenzie di Baños vendono tutte itinerari di due giorni nell’Amazzonia partendo da Puyo per immergersi nella foresta incontaminata, ovviamente con guide specializzate e itinerari non troppo difficili da percorrere. Non è che siamo nati tutti Indiana Jones, anzi. Si va per varie tappe, la prima è una camminata lunga per sentieri appena tracciati, si attraversa qualche ruscello sopra ponti di legno o addirittura a piedi (vengono forniti stivali e mantelle impermeabili prima della partenza), ci si ferma per osservare piante selvagge, insetti e fiori, fino a raggiungere la cascata di Hola Vida.

Un nome non troppo rassicurante per una cascata meravigliosamente bella (quanto pericolosa). Le sue acque limpide sono gelate e correnti interne trascinano gli impavidi nuotatori verso il fondo. Le guide sconsigliano di immergersi, meglio limitarsi a contemplare la sua forza, il candore e il rumore dell’acqua che irrompe nel silenzio apparente della foresta.

Ed ecco la cosa che più mi ha disorientata. Il silenzio. La foresta Amazzonica è come una grande orchestra silenziosa dove solo chi ha l’orecchio allenato riesce a cogliere suoni, richiami, melodie e minacce. E’ un mondo a parte nel quale l’uomo moderno si sente perso e debilitato, facile da ingoiare come un topolino nella teca di un rettile. In quel silenzio fatto di bisbigli e sussurri, di codici divenuti sconosciuti, appare tutto il mistero di una realtà lontana e indecifrabile. Un abbraccio che più che cullare spaventa.

Acque di fiumi agitati, nuovole grigie di pioggia instancabile, spesso leggera e profumata, a volte pesante e fangosa, il cielo invisibile tra le fronde di alberi altissimi, che formano le navate di una cattedrale immensa di foglie e gocce d’acqua. L’Amazzonia non è il deserto, seppur ci si senta altrettanto sperduti, isolati e vulnerabili. La “Selva”, chiamata con riverenza, è un ambiente estremo dove non c’è spazio per l’uomo. Se alcuni affermano di sentirsi rigenerati e felici percorrendo i sentieri della foresta, altri cadono in uno stato confusionale, perchè perdere ogni minimo contatto con il “reale” e materiale, con la società, con la vita a cui siamo abituati, spaventa.

Cambiano gli spazi, la percezione del tempo, la luce e le ombre.
Non si intravedono villaggi, uomini, case nè vere e proprie strade, è un tutto che sembra un nulla, un’abbondanza che pare totale assenza, un luogo dove anche un respiro conta e viene amplificato. Osservate l’attenzione con cui le guide ascoltano i suoni, anche i più piccoli. Nella foresta le chiacchere sono pericolose, bisogna tenere alta la guardia e lasciare le orecchie libere e sgombre dal superfluo. Un continuo esercizio della propria capacità di selezione, di adattamento, di resistenza e di fiducia.
