
L’Ecuador, fatta eccezione delle Galapagos, non ha delle spiagge veramente belle, la sua costa è battuta dall’Oceano, ventosa e con sabbie scure che danno al mare un aspetto un po’ grigiastro. Seppur non indimenticabili, le spiagge di Salinas e Montañita sono un buon punto di partenza per esplorare il turismo locale, fuori dalle rotte dei viaggiatori internazionali nei luoghi di villeggiatura per la bella stagione, locali, bar e discoteche, oltre che pic nic al mare in famiglia. Una specie di Riviera Romagnola – Ecuatoriana per le vacanze familiari e le minifughe del weekend. E come al solito c’è sempre qualcosa da imparare.

Salinas è la prima tappa che si incontra partendo da Guayaquil, ci sono molti palazzi, condomini e negozi affacciati sulla lunga striscia di sabbia tanto da essere soprannominata la “Miami” dell’Ecuador. L’acqua è abbastanza limpida e anche se il colore della sabbia non riesce a valorizzarla in pieno, devo dire che nel complesso il luogo è carino. Ci sono alcuni ombrelloni da noleggiare e si possono piantare i propri un po’ ovunque. Ci sono anche bagnini, gelati, ghiaccioli, venditori di cocco o di collanine. Il mondo è piccolo, ma veramente. Montañita è un po’ più selvaggia, onde decisamente più alte, tanto da attrarre surfisti e spaventare la gente comune, che si bagna giusto i piedi quando il vento è troppo forte. Nei dintorni si incontrano anche dei paesi di pescatori, con le loro barche di legno dipinte e i furgoncini tipici, i chivas, che si muovono per le vie polverose di terra battuta.

Tra una passeggiata sul lungomare e le onde alte trascinate dal vento sulla riva, si possono anche scoprire testimonianze di antiche civiltà, Valdivia è una piccola cittadina sulla costa ma la civiltà da cui ha preso il nome fu un tempo una delle importanti culture precolombiane. Da Montañita a Salinas si trovano alcuni piccoli musei per esplorare, io mi sono fermata nel Museo Valdivia di Santa Elena, si tratta di una piccola collezione di reperti rinvenuti nelle pianure circostanti, molti dei quali esposti semplicemente dentro teche di vetro, o direttamente su una tavoletta di legno. L’immagine del museo è un po’ rudimentale ma i racconti della guida durante la visita sono molto avvincenti, soprattutto se si pensa che la civiltà Valdivia visse in quelle aree in tempi remoti, dal 3000 a al 1500 a.C.

Tra i manufatti ritrovati ci sono statuette in ceramica, vasi e piccole immagini di divinità, soprattutto femminili. La società Valdivia venerava dee madri e aveva probabilmente una struttura matriarcale, molti dei rituali religiosi erano finalizzati alla conservazione dei cicli armonici della Natura, riti propiziatori per garantire la fertilità del terreno. Nonostante gli anni i reperti sono di ottima fattura e si può capire quanto gli antichi fossero abili nelle attività artigianali, soprattutto nella lavorazione della ceramica. Uomini e donne non indossavano abiti ma coprivano solo le parti intime, vivevano in capanne organizzate in modo circolare attorno ad una piazza, si nutrivano dei prodotti della pesca e dell’agricoltura ma conoscevano già come lavorare il cotone e la fibra di mais. Se passate da quelle parti dovete assolutamente fermarvi a dare un’occhiata al museo perchè tra quelle stanze, apparentemente spoglie, sono conservate le testimonianze di una delle più antiche civiltà americane.
