
Altitudine 2483, longitudine 78° 27′ 08”, latitudine 0° 0′ 00”. San Antonio sembrerebbe un villaggio sudamericano come tanti altri se non fosse per un alto monumento squadrato che si erge di fronte: che cosa c’è di speciale in quella spianata di mattonelle con qualche casa e un enorme blocco rettangolare? Una grande linea rossa al suolo, che indica l’Equatore, la massima circonferenza terrestre. Il centro turistico della Mitad del Mundo è un luogo dove i visitatori si scattano le classiche foto con un piede di quà, e l’altro di là della linea che divide in due il globo. In realtà la “vera” linea dell’Equatore passa 300 metri più a Nord, sul monte Catequilla, un’area considerata da sempre sacra per le comunità indigene.
Ma l’Equatore non tocca certo solo in questa zona della periferia di Quito, allora perchè proprio quì si trova il complesso monumentale che celebra il più famoso dei paralleli terrestri? Per trovare la risposta bisogna fare un passo indietro nel tempo, al 1700, quando durante l’Illuminismo si risvegliarono nuove curiosità. Le tesi di Picard, e più tardi di Newton, avanzarono l’ipotesi che la Terra non fosse perfettamente sferica, ma un po’ schiacciata ai poli e rigonfia al centro in un punto 0. Venne inviata una spedizione da un capo all’altro della Pianeta per misurarne esattamente le dimensioni. Charles Marie de la Condamine, alla guida di un gruppo di dieci esperti francesi, partì dal porto de La Rochelle nel 1735 per l’Ecuador, ancora colonia spagnola governata dai Vicerè, e iniziò i suoi studi sul territorio delle Ande. Perchè non in altri luoghi situati alla stessa latitudine? Per questioni di clima, di territorio e di visibilità, soprattutto l’assenza di nuvole e di ostacoli, problemi che invece si sarebbero presentati nei territori dell’Africa o dell’Amazzonia. In realtà le disavventure non mancarono e gli scienziati del gruppo non erano affatto preparati alla difficoltà delle aree vulcaniche, all’altitudine e alla situazione politica, non proprio stabile della regione allora chiamata “Grande Colombia”. Quatto dei dieci studiosi non fecero mai più ritorno in Francia, tra uccisioni, incidenti e suicidi ci sarebbe stato abbastanza materiale per la trama di un libro di Agatha Christie. Alla fine dell’avventura Le Condamine riuscì nel suo intento e pubblicò l’esito delle ricerche geologiche del suo sfortunato team e un Diario di Viaggio dell’Equatore. E quando nel 1830 il Paese conquistò la sua indipendenza dalla Spagna proprio quel nome, Ecuador, venne scelto per la nuova nazione.
All’interno del complesso turistico si trovano plastici, gallerie di foto della fauna e flora locale, resoconti della storia della spedizione geodetica e un Viale degli Studiosi in ricordo dei dieci ricercatori francesi, ma anche dei due spagnoli e dell’ecuatoriano che si unì alla squadra (Pedro de Maldonado). Poco distante anche un piccolo museo etnografico per scoprire i costumi e la vita quotidiana delle diverse etnie dell’Ecuador e tanti, tanti, negozi di souvenirs, che spaziano dalla distribuzione del “certificato della visita alla Metà del Mondo” ai prodotti di artigianato locale dei villaggi indigeni.
Tra i ristorantini e bar mi è anche capitato di bere uno dei caffè migliori che abbia mai assaggiato, e vedere, per la prima volta dal vivo e totalmente in libertà, due bellissimi colibrì. In realtà il successo turistico della Mitad del Mundo non è solo dovuto alla presenza di viaggiatori internazionali quanto al turismo locale, infatti gli abitanti di Quito durante il weekend vi si recano spesso e volentieri per andare a mangiare fuori o fare una passeggiata in compagnia.
Nel Museo Museo Solar Intiñan, con una visita guidata, si possono conoscere tante curiosità e fenomeni di magnetismo, incluse le prove che tutti i turisti vogliono fare: il “classico” uovo miracolosamente in piedi su un chiodo, e la prova dell’effetto di Coriolis, con il lavandino che si svuota in senso orario a Nord dell’Equatore, o antiorario se invece ci si trova a Sud, mentre nel punto esatto del parallelo 0 l’acqua defluisce senza creare alcun vortice. Ma la cosa veramente interessante è che il museo sorge in prossimità di un sito da sempre ritenuto sacro, e “il più vicino alle divinità” dalle comunità indigene, che da secoli, senza aver effettuato alcuna spedizione geodetica, intuirono l’unicità del luogo osservando la posizione delle stelle.
Da San Antonio si può ra ggiungere in bus anche il villaggio di Calacalì, punto di partenza per escursioni a piedi al bellissimo cratere di Pululahua, nei giorni in cui il cielo è sereno, o perlomeno non ci sono nuvole basse, si può godere di una vista stupenda. Una conca tra montagne vulcaniche profonda trecento metri e con una circonferenza di oltre quattro chilometri. La valle del cratere è addirittura coltivata, sulle fertilissime terre vivono alcuni contadini ma dall’alto le loro casette appaiono appena visibili. Tante sono le sfumature di verde e il paesaggio toglie il fiato. Il belvedere si raggiunge con una bella passeggiata, non troppo difficile e adatta anche ai meno atletici. Dopo tante nozioni, spiegazioni e documenti, non c’è niente di meglio di una bella escursione tra le bellezze della Natura, una visione fantastica e rigenerante, tra il fresco degli alberi e panorami che si caricano di bellezza.