
Marrakesh è esattamente come la immagini, come la vedi nei cataloghi, come te la descrivono le foto e i racconti. Un dedalo di strade e di mercati, un puzzle di colori, odori e sensazioni dai forti contrasti, un via vai di persone, di voci, di volti, di passi che si muovono vicini senza urtarsi, di cibo che si consuma in tavolate collettive, di frutti che restano in equilibrio miracolosamente sopra ai carretti o sui banconi per strada, di luoghi assolati e angoli d’ombra, di scorci che non sembrano appartenere ad una grande città. Può piacere o meno ma il suo fascino è innegabile, sembra la materializzazione delle parole uscite da un libro d’avventura come per magia, in un filo di fumo che si solleva nell’aria.
Anche se ci sono da vedere dei bei monumenti e luoghi intristi di storia, la parte più bella è perdersi tra i suoi vicoli colmi di negozi, i souk, dove ogni venditore comincia ad esporre direttamente dalla strada pile di tessuti, di pelli, di piatti, colorati cumuli di spezie, argenteria, vasellame o gioielli. Il tempo sembra fermarsi tra un passaggio e l’altro, tra le sale stracolme di merci e fragranze, tra la polvere che si solleva dal suolo, tra angoli aperti e stradine chiassose affollate di gente con le buste della spesa e turisti increduli che guardano ovunque, finendo inevitabilmente per fissare il vuoto, ma con un’aria serena. Tra le case basse e i mercati si nascondono lussuosissime riad con cortili interni da Le Mille e Una notte, acqua che zampilla e pavimenti dalle mille tessere colorate. Un tesoro nascosto e invisibile dalle strade principali, le sole immagini su internet sono abbastanza seducenti da spingermi a pensare ad un altra visita a Marrakesh, un giorno (spero) e con un budget diverso a disposizione.
Marrakesh è bella perchè mediterranea quanto africana e araba. Sapori del Mare Nostrum incontrano le spezie dell’oriente, il coriandolo e il cumino convivono a fianco dell’olio, dei limoni, delle arance e delle olive, senza che si avverta alcun contrasto. Le cotture dei piatti sono lente, come il pane che riposa ogni giorno sotto a un canovaccio, in attesa di essere posto nei forni comuni, l’odore di legna e farina si sente anche da lontano e come una scìa ti attira a sè. La cucina marocchina è colorata, inebriante, dal contrasto fresco – piccante e con dolci che sanno di fiori. Nonostante le temperature siano altissime si mangiano piatti bollenti, fumanti, accompagnati da bevande calde e zuccherate, come il celebre tè alla menta.
Piazza Jemaa el Fna un luogo che cambia totalmente il suo aspetto nel giro di poche ore. Appare vuota, silenziosa e assolata di giorno, un enorme spazio aperto circondato da edifici dai colori rossastri. Dopo il tramonto tutto cambia rapidamente, gente sembra sbucar fuori da ogni dove, arrivano banchi, carretti, venditori ambulanti che tirano fuori la merce stendendo dei teli a terra, incantatori di serpenti, bancarelle di ninnoli o utensili per la vita quotidiana. Una grande fiera, un punto d’incontro, un rito giornaliero nella confusione, tra luci artificiali nella notte. C’è chi spreme arance, chi porta a spasso scimmiette, chi frigge o sforna, chi espone in vendita trecce di capelli veri o dentiere, chi promette cure miracolose e pozioni di bellezza a base di poltiglie, erbe e sali.
Un sogno che pare quasi un incubo, voci che paiono familiari eppure si allontanano come in tunnel. Girare per il mercato la sera è un’esperienza avvolgente . Immagini nuove sembrano riportarti però a qualcosa di già conosciuto, volti nell’oscurità, voci, musiche e rumori. La piazza teatro di Marrakesh è un luogo da non mancare (e impossibile da dimenticare).
Piazza Jemaa el Fna mi piace ancor di più dalla terrazza di uno dei bar a due piani che si affacciano sul cuore di Marrakesh. Al calar del sole, quando ancora non c’è troppo caos ma il luogo si prepara al suo rapido cambio d’identità. Ancora è tutto rassicurante, ordinato e spazioso, presto tutto cambierà. Un tè profumato in un bicchierino di vetro tra le mani e uno spuntino servito in piatti di ceramica dipinta, colori accesi, aromi che ti restano addosso.
Ben nascosta tra i vicoli della città, La Medersa (Ben Youssef Medrasa) è un luogo meraviglioso per contemplare l’architettura araba antica. Lo splendido cortile interno della Scuola Coranica è rivestito di maioliche al livello inferiore, bassorilievi nelle pareti superiori e ancora più in alto pregiati legni di cedro con intagli artistici.
Nel marmo prendono vita iscrizioni e trine scultoree, così raffinate da sembrare disegni di filo, attorno alla vasca delle abluzioni compaiono motivi geometrici colorati, la tinta dominante è il verde, accanto all’arancio, al nero e al blu. I colori si combinano in un insieme squisito.
Costruita nella seconda metà del Cinquecento è la scuola coranica più grande del Marocco, aperta al pubblico a partire dagli Anni Ottanta e divenuta uno dei luoghi più affascinanti da visitare a Marrakesh. Dal cortile interno si aprono le finestrelle delle stanze, celle per l’accoglienza in cui era possibile ospitare fino a novecento persone. Le figure dei visitatori si riflettono sull’acqua della grande vasca e nel marmo, a piedi scalzi, si muovono passi silenziosi.
Altro luogo imperdibile è il Palazzo El Bahia (reggia della bella) dedicato alla moglie preferita del visir Dar Si Moussa e costruito in gran parte nell’Ottocento. Una grandissima struttura dall’aspetto un po’ intricato, edificata in decenni diversi e con una piantina a dir poco labirintica nella quale si stringono vicoli e passaggi segreti, si aprono all’improvviso cortili e giardini, zampillano fontane e si incastrano una sull’altra stanze leggiadre e ombrose, dai soffitti dipinti con motivi floreali.
Una residenza nobile immensa, impreziosita con legni dipinti, stucchi, finte finestre a grata, cortili interni, soffitti a cassettoni e fontane. Mosaici colorati ricoprono totalmente i pavimenti dell’harem. Nell’insieme è uno spettacolo, si passa dalle rigorose file di colonne, gli angoli scoperti che si aprono verso il cielo blu, portici ornamentali per difendersi dal sole, porte dipinte e sontuosi lampadari. E se non bastasse tutto intorno ci sono i giardini, con alberi esotici, piante grasse e fiori profumati. Centocinquanta stanze in gran parte vuote, i mobili vennero portati via in blocco dopo la morte del visir.
Con i suoi settanta metri di altezza, il minareto della Moschea della Koutubia è il simbolo di Marrakesh e il primo profilo che catturerà il vostro sguardo all’ingresso in città. Non è permessa la visita della moschea ma si può vedere almeno da fuori l’immagine della grande torre (che fu modello per La Giralda di Siviglia). Fermatevi per scattare una foto ai piedi del grande minareto, nelle zone limitrofe un tempo c’era il mercato e la produzione dei libri, ora in gran parte occupato da giardini e strutture d’accoglienza.
Marrakesh è una città di suggestioni, il vagare senza una meta precisa spesso è più interessante che raggiungere i luoghi della guida e toglierli dalla lista. Un raggio di sole incontra piatti di metallo lucente, l’ennesimo venditore ti invita ad entrare nel suo negozio per rovistare tra montagne di cose. Il Souk è un labirinto di negozi, per mantenere i vicoli freschi e non far scolorire la merce sono parzialmente coperti da una specie di tettuccio di canne. Ci sono cose ad ogni angolo, ci si inciampa quasi, il più delle volte inutili ma accattivanti come calamite, più oggetti di quanto una casa normale riesca ad accogliere e a contenere.
E’ d’obbligo diversi a mercanteggiare, andarsene e poi tornare, cercare di credere che “quello sia veramente il prezzo finale”, la migliore e ultima offerta, un affare. Sarà mai veramente un affare? Meglio comprare lo stesso e allontanarsi con il dubbio di aver esagerato o ceduto troppo in fretta. L’occhio si confonde tra cofanetti rivestiti di smalti, pietre dure, ninnoli luccicanti, oggetti ornamentali con i quali vorrei arredare ogni angolo, o che forse terrei chiusi in una scatola, da aprire ogni tanto per provare di nuovo l’effetto sorpresa. Ogni strada alla fine sembra riportare alla grande piazza invasa di gente, la sera le ombre si proiettano sull’asfalto e anche gli oggetti esposti divengono poco riconoscibili. E se Marrakesh non vi è piaciuta di mattina probabilmente vi piacere di pomeriggio. E se non vi ha convinti il pomeriggio di certo lo farà la sera, quando i colori caldi delle case se ne vanno con il sole e della città si accentuano gli odori, i suoni e i rumori.
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