
Il Perù non è un paese semplice da visitare, le difficoltà però sono ampiamente ripagate dalla meraviglia della sua storia, dei paesaggi e dall’atmosfera. Finora ne ho parlato in modo generico, mettendomi a scrivere una specie di diario di tutti i ricordi sparsi, come in un sogno confuso. Uno dei viaggi più belli che si possano fare nella vita, il Perù è una tavolozza di colori e la Valle del Colca uno dei più spettacolari riassunti della sua variegata natura.
Il punto di partenza per le visite del Valle del Colca è Arequipa, la città che dorme ai piedi dei vulcani. Si acquistano tour di gruppo di due giorni direttamente nelle agenzie locali della Ciudad Blanca, i gruppi sono eterogenei, si ritrovano turisti provenienti da tutto il mondo e si finisce per fare amicizia, condividendo anche il mal d’altitudine, tra una tazza di mate de coca e una mezzora di nausea passata a fissare il vuoto. La strada che si fa per arrivare è interessante tanto quanto la destinazione, si attraversano paesaggi diversi e spesso opposti, tra altezze e depressioni, valli che sembrano non finire mai, canyons che anticipano le altissime Ande, ma anche deserti di ciottoli, e poi neve e vulcani.
Si passa dai valichi montani alle lagune, dagli altipiani alle cittadine termali, appaiono le vette innevate del Chachani tra la nebbia pesante. Spesso si ha un senso di vertigine, pare di cadere nel vuoto con lo stomaco che si contrae e le gambe sempre più pesanti, come se le caviglie fossero legate, effetto dell’altitudine e della mia totale mancanza di preparazione. E’ sempre meglio salire per gradi, aumentare gli scalini poco a poco per non ritrovarsi senza energie, vista la mia esperienza consiglio di fermarsi almeno un paio di giorni in più ad Arequipa prima di partire per El Valle del Colca in modo che il corpo abbia modo di acclimatarsi e affrontare meglio la traversata.
Si arriva nel giro di qualche ora alla Reserva Natural de Salinas y Aguada Blanca dove si possono vedere lama, alpaca, fenicotteri e vigogne nel loro ambiente naturale. Allevare lama e alpaca per i locali è una ricchezza, non solo per la lana, preziosissima per contrastare il freddo e l’umidità delle Ande, ma anche per la vendita e consumo della carne e delle pelli. Questi animali sono silenziosi simboli di costanza e di pazienza, non rinunciano al proprio territorio anche se nel corso della storia molte cose sono cambiate, hanno assistito alla gloria e al tramonto degli incas e hanno con la propria terra un rapporto impossibile da spezzare. Se penso alle Ande nella mente mi appaiono subito le figure di lama e alpaca sparsi nel paesaggio, con i loro occhietti curiosi e il pelo morbido.
L’obiettivo del giorno è raggiungere Chivay giusto in tempo per posare i bagagli e fare un giro al mercato locale dove indios provenienti dagli altipiani coltivati dei dintorni raggiungono la cittadina per portare la frutta e la verdura dei loro campi. I tour in genere sono di due giorni e prevedono un pernottamente in una posada e una cena tipica con piatti semplici e bevande calde.
Nei pressi di Chivay si trova anche La Calera Termal di Yanque, un complesso con piscine d’acqua termale che sgorga dal suolo vulcanico, le sue proprietà curative sono note in tutto il paese e molti peruviani affrontano il viaggio per strade impervie e tortuose pur di concedersi un bagno curativo. Il paesaggio intorno alla Calera è spettacolare, alte pareti montuose aspre e altissime, dietro le quali si nasconde il sole, un fiume argentato e un ponte mobile che collega i due lati del paese.
Il Canyon del Colca si raggiunge solo il giorno seguente, dopo una bella sveglia all’alba e un tragitto in autobus attraversando natura incontaminata e minuscoli villaggi indios. Le vette che circondano il canyon superano i seimila metri, (volcan Ampato 6310) mentre la spaccatura scava nel suolo oltre un chilometro di profondità e settanta chilometri di lunghezza.
Poco distante, tra il canyon e il centro termale, la piccola Chiesa dell’Assunzione, con l’altare maggiore composto da statue di santi coloratissime con abiti di tessuto, dettagli, collanine e poste in posizioni diverse ed espressive, come in un teatro meccanico. Nella piazzetta poco distante si svolgono spesso anche danze folkloristiche, alcune volte spontanee durante le feste religiose, altre volte programmate per i turisti, quando ci sono pullman che prevedono una sosta nel piazzale.
Le donne locali guadagnano qualcosa con la vendita di tessuti artigianali, dalle cintine ai cuscini alle tovaglie. Fanno anche maglioni e cappelli ricamati, gli stessi che usano nella propria comunità e i cui colori variano a seconda dei gruppi di appartenenza.
Da El Valle del Colca si raggiunge poi Cruz del Condor, luogo dove poter avvistare (in condizioni di buona visibilità) i rapaci simbolo delle Ande. El condor pasa, la melodia tradizionale andina ormai famosa in tutto il mondo, eseguita con il flauto di Pan, che mescola alle note dolci battiti di tablas (che ricordano tanto i battiti del cuore). I musicisti quando la eseguono sanno che i turisti in visita la riconosceranno subito, cosa che non avverrà con tutta probabilità, con gli altri brani.
Ma questa musica non è solo un modo per farsi notare dagli stranieri. Il condor è un simbolo spirituale del Perù, creduto immortale dagli Incas, ha un corpo possente e il suo profilo nero si scorge anche da lontano volare nel cielo. E’ la forza, la longevità, e da quanto raccontano i miti andini, l’energia del giorno che si rinnova, ad ogni alba, ad ogni sequenza dei suoi voli circolari. Il volo del condor porta con sè anche presagi, sia buoni che cattivi, gli indios hanno imparato a leggerne i comportamenti, dalle sue evoluzioni dipende anche il benessere e la tranquillità del genere umano.
Si torna a Chivay e di giorno il mercato è più popolato, diversi prodotti e diversi gruppi etnici, cambiano i costumi, i colori e anche i cappellini indossati dalle venditrici. La moda di indossare questi cappelli a falde o a bombetta in realtà non ha niente a che vedere con il sostrato precolombiano ma si è diffusa negli Anni Venti in seguito ad un ordine di cappelli europei destinati ad operai delle ferrovie boliviane di cui fu sbagliata la misura. Una nuova moda nacque dall’oggi al domani e nel giro di neanche un secolo si trasformò da novità a segno di riconoscimento dei diversi villaggi e clan. Stili differenti, disegni, decorazioni e colori, a volte si può riconoscere la provenienza di qualcuno semplicemente facendo caso al cappellino. E per le feste se ne usano varianti speciali, decorate con catenelle dorate, fiori e pon pon. Dopo tre giorni inizio a sentirmi meglio, torna il respiro e l’appetito, quel senso di oppressione se ne va e anche il dolore forte alle gambe. Mi sono acclimatata. E’ tempo di andare ancora più in alto, verso El Valle Sagrado e la Bolivia, verso le isole del Titikaka varcando il confine dei due paesi.
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