
Dalle colline che circondano il Cuzco, l’antico “ombelico del mondo” incas, si possono avere panorami stupendi del centro storico e della natura smeraldina sotto il cielo terso delle Ande. Solo per vedere la città nell’insieme, con le sue cupole, chiese e piazze eleganti, conviene concedersi una gita nei dintorni. Se poi si è appassionati di storia e del mondo precolombiano, si troveranno splendidi siti archeologici, e da ciascuno di essi panorami mozzafiato.
SACSAYHUAMAN
Le grandi mura megalitiche della fortezza di Sacsayhuaman impressionano ancora oggi, seppur siano state depredate nel corso degli anni e trasformate in cave per estrarre materiali per la costruzione delle chiese del centro di Cuzco. Nelle vecchie cartine della città, così come appariva durante l’impero precolombiano, la pianta riprendeva dall’alto la sagoma di un puma, e se il petto corrispondeva con la Plaza de Armas, la testa del puma era Sacsayhuaman. Tra le file perfette di grandi massi scolpiti, perfettamente incastrati e resistenti al tempo, ai saccheggi e ai terremoti, si svolge ogni anno anche la cerimonia dell’Inti Raymi, una rievocazione storica delle assemblee dei dignitari dell’Impero Incas dall’intenso valore spirituale per le comunità indigene.
Il sito archeologico dista tre chilometri da Cuzco ed è composto da tre cinta di mura con blocchi enormi, alcuni alti oltre cinque metri. Era una costruzione/vedetta per tenere d’occhio la situazione della città e fu l’ultima roccaforte degli Incas, rifugio dove cercarono di resistere alla pressione dei conquistadores gli eserciti incas prima della tragica e inevitabile caduta. La leggenda racconta che i corpi dei tanti condottieri indigeni uccisi attirarono sulla fortezza un enorme stormo di condor dalle Ande. A ricordo della tragedia ancora oggi possiamo trovare le figure di otto condor nello stemma di Cuzco.
TAMBOMACHAY
Un sito archeologico molto scenografico e interessante è Tambomachay, conosciuto anche come La Fuente del Inca. Una serie di terrazze di pietra che ruotano intorno ad una preziosa sorgente naturale. Probabilmente un luogo sacro, adibito a cerimonie religiose e bagni rituali. Le sue acque erano considerate particolarmente benefiche, se non addirittura miracolose. Tutto è cambiato ma ancora oggi come ieri l’acqua scorre sulle fontane di roccia, ricavate deviando il corso delle acque che spontaneamente sgorgano dal terreno. L’ingegneria idraulica degli Incas era tutt’altro che rudimentale e le fonti di Tambomachay (così come quelle di Macchu Picchu) che lo mostrano ancora.
PUKA PUKARA
Il suo nome in lingua quechua è già più che esaustivo, Puka Pukara si traduce infatti il Forte Rosso, ed è proprio l’immagine che vi apparirà guardandolo. Una fortezza in pietra rossastra eretta con precisi incastri di massi scalpellati a regola d’arte. Fu un luogo di difesa ma anche un magazzino e un posto dove la corte, al seguito dell’imperatore, poteva all’occorrenza soggiornare.
Puka Pukara fu un luogo multifunzionale collegato alla struttura di Tambomachay: era una postazione di caccia, albergo e dispensa, oltre che un fortino dalle mura ben robuste dove potersi nascondere in caso di incursioni nemiche. Il sito si è mantenuto piuttosto bene, restano ancora in piedi gran parte delle costruzioni originali ed è possibile passeggiare nelle colline che la circondano per poter osservare il profilo della fortezza da diverse angolazioni.
